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AVGVSTVS GAIUS JULIUS CAESAR OCTAVIANUS

ARMANDO ROSSINI

Roma, Bibliosofica, 2005
Formato cm 15x21, pagine 232, € 12,00 - ISBN 978-88-87660-13-5
Immagine di copertina elaborata da: Enio Capicci

Cesare Augusto è l’uomo che ha combattuto per salvare la democrazia repubblicana, esponendosi in prima persona al reale pericolo di perdere la vita in ben quattro battaglie, purtroppo tutte civili ma fortunatamente tutte vinte, contro coloro che volevano affossare il Senato della Repubblica per istaurare il proprio potere personale o monarchico. Per questi suoi preziosissimi meriti la sua persona è da associare a quelle di tutti coloro che attraverso i secoli si sono generosamente immolati per le libertà democratiche.

 

Interpretando la sua gestione del potere come democratico servizio da rendere con magnanimità al popolo, Cesare Augusto interiorizzò integralmente questo massimo ideale fino alle ultime felicissime conseguenze per il pubblico bene, operando in modo virtuoso e tale che avrebbe dovuto perpetuarsi anche dopo la sua morte. Per questo motivo fu tormentato dalla volontà di lasciare la guida dell’impero ad un successore che avesse il suo stesso luminoso sentire classico, e che non si fosse cioè lasciato travolgere dalla libidine dell’immenso personale potere militare che gloriosamente esercitava, ma avesse garantito il rispetto della democrazia senatoriale a cominciare da lui stesso. Aveva perciò designato, quale suo successore, il nipote Germanico, forte in guerra e mite in pace, come Virgilio lo aveva preconizzato, e lui fedelmente attuato. Ma sua moglie, Livia Drusilla, intrigò talmente che riuscì a far nominare imperatore suo figlio Tiberio, forte in guerra ma crudele in pace. Augusto morì a 77 anni avendo nel cuore l’angosciosa amarezza dello scempio della democrazia che Tiberio avrebbe fatto e che in realtà fece, e delle sofferenze che avrebbe inflitto ai popoli romani.

ARMANDO ROSSINI, laureato in Lettere presso l’Università di Perugia, ha svolto per 40 anni l’attività di funzionario nel Comune di Terni. Da sempre ha continuato a coltivare la sua grande passione per la storia romana, iniziata già dai banchi delle elementari, che si amplia e si armonizza e spesso si identifica con la letteratura classica.
Collocato a riposo, ha finalmente tempo e modo di godersi un sallustiano ozio operoso, dedicandosi ai suoi amati studi classici i cui prodromi lo hanno sollecitato a partecipare e a far gustare anche agli altri i valori umanistici, raccontando la vita dei grandi uomini dell’antica Roma, usando il lessico del romanzo storico appunto perché tale forma offre più idonei spazi per dare luce e colore alle immagini, e renderne più facile ed interessante la lettura.
Con questa visione letteraria ha pubblicato la vita di Ovidio. Lo scherzoso cantore dei teneri amori, alla quale non poteva non seguire AUGUSTUS, per completare il quadro storico-letterario del nostro periodo aureo.
Più volte, invitato dai lettori, ha tenuto lezione presso i licei classici di Perugia, di Sulmona e di Terni, oltre che in alcune scuole private.
Dante sosteneva che un libro scritto è men che niente se il libro scritto non rifà la gente.
Su questa stessa lunghezza d’onda lo hanno preceduto Socrate, Virgilio e Seneca, soltanto per citarne alcuni, ma molti di più sono coloro che lo hanno seguito.
Perché dunque non vogliamo valorizzare queste nostre enormi ricchezze umanistiche?